PREMESSA E INTENTI
Il documento parte dalla definizione di violenza assistita già assunta dal CISMAI ( 2005), indicando quindi i requisiti minimi degli interventi relativamente alle fasi della rilevazione, protezione, valutazione, tratta- mento, anche in linea con quanto indicato dalla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, c.d. Convenzione di Istanbul, sottoscritta dall’Italia il 27 settembre 2012 e ratificata dal Parlamento con la legge n. 77/2013, entrata in vigore il 1 agosto 2014.1 – 2 – 3
Questa revisione enuclea i principali elementi su cui porre attenzione nell’impostazione degli interventi a favore dei bambini e delle bambine vittime di violenza assistita da maltrattamento sulle madri.
Sono da includere quei casi, rari per l’incidenza, in cui il/la minorenne ha assistito direttamente o indiret- tamente all’omicidio della madre e/o di altri familiari o all’omicidio/suicidio da parte del padre.
Sottolinea comunque la necessità della presa in carico anche delle altre tipologie di Violenza Assistita a danno dei/delle minorenni, in particolare della Violenza Assistita da abuso e maltrattamenti sui fratelli e sulle sorelle.
DEFINIZIONE
Per violenza assistita intrafamiliare si intende l’esperire da parte della/del bambina/o e adolescente qualsiasi forma di maltrattamento compiuto attraverso atti di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale, economica e atti persecutori (c.d. stalking) su figure di riferimento o su altre figure affettivamente significative, adulte o mi– norenni. Di particolare gravità è la condizione degli orfani denominati speciali, vittime di violenza assistita da omicidio, omicidi plurimi, omicidio-suicidio. Il/labambino/a o l’adolescente può farne esperienza direttamente (quando la violenza/omicidio avviene nel suo campo percettivo), indirettamente (quando il/la minorenne è o viene a conoscenza della violenza/omicidio), e/o percependone gli effetti acuti e cronici, fisici e psicologici. La violenza assistita include l’assistere a violenze di minorenni su altri minorenni e/o su altri membri della famiglia e ad abbandoni e maltrattamenti ai danni degli animali domestici e da allevamento.
La violenza sulle donne è un fenomeno diffuso, ancora sottovalutato e scarsamente rilevato, che può mettere a rischio, a partire dalle prime fasi della gravidanza, la salute psico-fisica e la vita stessa, sia delle madri che dei figli.
Il coinvolgimento dei bambini nella violenza domestica può avvenire non solo durante la convivenza dei genito– ri, ma anche nella fase di separazione e dopo la separazione stessa. Queste ultime due fasi sono particolarmen– te a rischio per il coinvolgimento dei figli da parte del padre/partner violento, il quale può utilizzare i bambini come strumento per reiterare i maltrattamenti sulla madre e per continuare a controllarla. Inoltre in queste fasi aumenta il rischio di escalation della violenza e la possibilità di un esito letale (omicidio della madre, omicidi plurimi, omicidio-suicidio).
Le dinamiche della violenza domestica interferiscono sulla relazione con i figli, alterando l’espressione delle funzioni genitoriali della madre e del padre maltrattante e i modelli di attaccamento.
VIOLENZA ASSISTITA DA MALTRATTAMENTO SULLE MADRI
Una madre maltrattata è una donna che subisce/ha subito traumatizzazioni in genere croniche.
La violenza, soprattutto se protratta nel tempo (traumatizzazione cronica), oltre a danni fisici, può produr- re una vasta gamma di sintomi cognitivi, emotivi, comportamentali, somatici , fino a determinare quadri sindromici complessi, per i quali sono state proposte dagli autori diverse classificazioni, quali disturbo post traumatico da stress complesso e DESNOS (Herman, 1992, van der Kolk, 2005). Nel DSM V sono inseriti nell’area nosografica dei “Disturbi correlati a stress e trauma” (Disturbo post traumatico da stress, Disturbo Acuto da Stress, Disturbo dell’Adattamento, il Disturbo Reattivo dell’Attaccamento, il Disturbo da coinvolgimento Sociale Disinibito).
La violenza domestica, in misura diversa a seconda della sua gravità, danneggia le competenze genitoriali, influenzando fortemente la relazione con figlie e figli.
La violenza assistita è una forma di maltrattamento che può determinare nelle/nei bambine/i e adole- scenti effetti dannosi, a breve, medio e lungo termine, che investono le varie aree di funzionamento, psicologico, emotivo, relazionale, cognitivo, comportamentale e sociale. Si possono configurare diversi quadri diagnostici acuti o cronici a origine post traumatica, con diversi tempi di insorgenza.
L’intensità e la qualità degli esiti dannosi sulle/sui minorenni derivano dal bilancio tra i fattori di rischio e di protezione, quali :
- età e
- condizioni personali e ambientali precedenti;
- caratteristiche delle violenze a cui i bambini assistono (frequenza, precocità, durata, gravità degli atti);
- presenza di altre forme di maltrattamento e di altri eventi traumatici
- modalità di coping più o meno sviluppate ed efficaci, sia da parte della madre che da parte dei/delle bam- bini/e; resilienza
- livello di coinvolgimento diretto dei/delle bambini/e e adolescenti nel maltrattamento (come coautori delle violenze, come ostaggi, come oggetto di minacce a scopo di ricatto, intimidazione, pressione psicologica nei confronti della partner, eccetera);
- fattori socio-culturali, tra cui le norme e i modelli di genere maschili e femminili
- presenza o meno di reti informali e formali supportive e la qualità degli interventi
Durante gli episodi di aggressione sulla madre, aumenta il rischio di violenza diretta su bambine e bambini. Il rischio è ancor più elevato nei casi di omicidio della madre. in presenza dei figli: oltre a subire un gravis- simo danno psicologico, essi sono a rischio di lesioni fisiche anche letali.
Inoltre la violenza assistita rappresenta un fattore di rischio per altre forme di vittimizzazione a danno dei/ delle minorenni (quali trascuratezza, maltrattamento psicologico, maltrattamento fisico, abuso sessuale) e per la trasmissione intergenerazionale della violenza.
Sono pertanto necessari precoci ed adeguati interventi di rilevazione, protezione, valutazione e trattamento.
L’INTERVENTO
La violenza assistita richiede che gli operatori mettano in atto interventi di presa in carico che si articolano in fasi/funzioni operative tra loro logicamente interconnesse e ricorsive nel tempo: rilevazione, protezio- ne, valutazione, trattamento, monitoraggio e follow up.
Riveste particolare importanza, sin dalla fase di rilevazione e per tutto il percorso di presa in carico, la necessità di un coordinamento e una integrazione fra i Servizi e le organizzazioni che si occupano degli adulti e i Servizi e le Organizzazioni che si occupano dei minorenni, inclusi i Centri Antiviolenza e le Case Rifugio, per evitare interventi contraddittori e frammentati.
Sono pertanto indispensabili programmi articolati di prevenzione, sensibilizzazione e formazione.
A. RILEVAZIONE
Perché sia possibile la rilevazione della violenza assistita è fondamentale che gli operatori abbiano im- parato a riconoscere la violenza maschile contro le donne nella sua dimensione strutturale e nella sua capillare diffusione. Siano cioè in grado di “vedere” una dimensione ancora sottovalutata e/o negata.
La rilevazione consiste:
- nella rilevazione della presenza di figlie e figli nelle situazioni di violenza domestica
- nell’individuazione dei segnali di malessere delle/dei
È una fase che vede coinvolti gli operatori dei servizi sia per le/i minorenni che per gli adulti, appartenenti ai settori sociale, sanitario, educativo e giuridico, dato che è necessaria un’attenzione multidisciplinare e multicontestuale, in collaborazione con i Centri Antiviolenza.
I casi di violenza assistita possono presentarsi agli operatori come richiesta diretta di aiuto per la violenza o in forma mascherata con altre motivazioni o su segnalazione di terzi. Le situazioni possono presentare caratteristiche diverse rispetto all’urgenza e alla gravità.
È indispensabile distinguere le situazioni conflittuali (senza negare i danni, che da queste possono de- rivare a bambini e bambine) dalle situazioni di violenza e maltrattamento, evitando di identificare come conflitto o litigi tra partner situazioni dove avvengono atti e/o comportamenti maltrattanti e violenti sulla madre, anche gravi e reiterati.
La mancata rilevazione e l’assenza di una descrizione puntuale dei fatti da parte degli operatori osta- colano la protezione fisica e mentale, colludendo con errate o minimizzanti letture degli eventi e con la sottovalutazione dell’impatto sulle madri e su figlie e figli testimoni.
Nei casi di violenza assistita da maltrattamento sulla madre, la fase di rilevazione deve comprendere una tempestiva valutazione del grado di rischio e della pericolosità/letalità fisica e/o mentale per le/i bambi- ne/i che vi assistono, ai fini dell’attivazione di interventi protettivi e riparativi adeguati.
Fin dai primi momenti è necessario tenere conto del grado di pericolosità della situazione al fine di non compiere passi che aumentino il rischio rispetto all’incolumità fisica, psichica e al pericolo di vita.
La valutazione del rischio e della pericolosità/letalità connessa a situazioni di violenza dipende dalla effet- tiva rilevazione dell’insieme degli indicatori che possono caratterizzare i diversi casi:
- Indicatori relativi alla tipologia, caratteristiche e dinamiche degli atti di violenza fisica, verbale, psicolo- gica, economica, sessuale, atti persecutori (c.d. stalking) e al periodo di insorgenza del maltrattamento
- Indicatori comportamentali, psicologici, sociali e relativi allo stato di salute psico-fisica della madre, del maltrattante, delle/dei minorenni testimoni di violenza
- Indicatori relativi alla presenza di fattori di rischio nel contesto familiare e sociale
- Indicatori relativi ai fattori protettivi individuali, familiari e sociali e alle risorse che possono essere attivate e rafforzate ai fini della protezione del minorenne.
A.1 RACCOMANDAZIONI
- Effettuare una rilevazione precoce delle situazioni di rischio per evitare danni
- Discriminare con accuratezza le condizioni di alta conflittualità dalle situazioni di
- Procedere a una descrizione accurata dei fatti riportati dalla donna o da
- Effettuare una tempestiva valutazione del grado di rischio e pericolosità/ letalità attraverso l’utilizzo di strumenti standardizzati al fine della rilevazione del rischio, dell’escalation della violenza e della recidiva (SARA-SARA Plus, SURPLUS4).
- Compiere una attenta valutazione dello stato psico-fisico del bambino e della bambina, anche in as- senza di informazioni da parte dei genitori.
B. PROTEZIONE
Proteggere i minorenni vittime di violenza assistita e garantire loro il diritto alla salute fisica e psicologica, si- gnifica in primo luogo interrompere la violenza in tutte le sue forme nei confronti della madre che la subisce. Come sottolineato negli altri documenti CISMAI, la protezione delle/dei bambini e delle loro madri è un prere- quisito fondamentale per approfondimenti valutativi e per la progettazione e l’attuazione di interventi riparativi.
I tempi e le modalità degli interventi di protezione, compresi nei percorsi giudiziari, devono rispettare le esigenze dei minori in relazione al loro benessere psicofisico, e il loro superiore interesse.
L’interruzione della violenza, a cui il bambino assiste, va attuata attraverso la messa in atto di interventi di protezione e vigilanza adeguati alla gravità della situazione, in termini di tempestività, efficacia e durata. Tali interventi saranno realizzati mediante l’attivazione dei Servizi, dei Centri Antiviolenza e delle Istitu- zioni preposte, anche attraverso il ricorso all’autorità giudiziaria, secondo quanto previsto dalla legge.
La protezione implica che nel disciplinare l’affidamento dei/delle figlie/figli e le eventuali modalità di visita sia pre- sa in considerazione e non sottovalutata la presenza di violenza, e che non siano in nessun modo compromessi i diritti e la sicurezza della vittima e delle/dei bambini/adolescenti (Convenzione di Istanbul, articolo 315) fino a valutare l’eventuale necessità di ricorrere alla sospensione ovvero decadenza della responsabilità genitoriale del maltrattante (Convenzione di Istanbul, articolo 456).
Ne consegue la necessità dell’esclusione dell’affido condiviso nei casi di violenza assistita, così come an- che previsto dalla normativa vigente.
Nel caso degli orfani speciali, si deve escludere l’affidamento ai parenti del perpetratore.
Particolare attenzione va posta all’opportunità dell’attivazione e della tempistica degli incontri protetti tra vittime di violenza assistita e il padre che agisce violenza, valutando attentamente il rischio psico-fisico per i figli.
Gli incontri protetti, d’altra parte, non costituiscono in alcun modo un intervento di valutazione e tratta- mento della genitorialità del padre che ha agito violenza.
Gli incontri protetti devono essere subordinati alla precedente valutazione delle condizioni del minorenne, e attuati in maniera tale da garantire una effettiva protezione fisica e psicologica per evitare ritraumatizzazioni e vittimizzazioni secondarie.
Nei casi in cui si evidenzi il “rifiuto del figlio” a vedere il padre, occorre valutare in prima istanza l’ipotesi che esso sia dovuto alla paura conseguente all’aver subito e/o essere stato testimone di violenza agita dal padre stesso. Infatti, consapevoli che possano esservi anche situazioni in cui un genitore manipola o condiziona un figlio a danno dell’altro genitore, l’ipotesi di manipolazione o condizionamento non deve essere suppo- sta, ma provata in base a evidenze ed a elementi obiettivi, e solo dopo aver escluso l’esistenza di dinamiche coercitive, maltrattanti -anche psicologicamente- e violente.
Attenta valutazione e monitoraggio sono necessari anche rispetto all’opportunità o meno degli incontri con i parenti del padre perpetratore, nel rispetto della salute psico-fisica del/della minorenne.
B.1 RACCOMANDAZIONI
Considerato che in primo luogo è necessario assicurare una protezione precoce e duratura:
- Gli operatori presenti agli incontri protetti devono avere una formazione specifica ed adeguata, che consenta loro di riconoscere e interrompere dinamiche violente, anche psicologicamente, e manipo-
- In caso di percorsi trattamentali nei Servizi per uomini che agiscono maltrattamento, le procedure concordate devono assicurare sempre la protezione fisica e mentale dei bambini e delle loro madri, in sinergia con gli interventi degli altri servizi e istituzioni implicati e, a termine del trattamento, attra- verso regolari follow up.
C. VALUTAZIONE
Nei casi di violenza assistita va effettuata una precoce, prima valutazione medica e psicologica dei bam- bini. Vanno anche rilevati eventuali altri tipi di maltrattamento da loro subiti.
Si tratta di un percorso teso a valutare il quadro complessivo della situazione traumatica nei suoi aspetti individuali e relazionali e i processi di interazione in atto tra fattori di rischio e di protezione. In particolare: il grado di assunzione di responsabilità da parte degli adulti coinvolti e le risorse protettive disponibili per la/il minorenne sui tempi medio lunghi nel contesto degli adulti di riferimento.
Nel caso di feminicidio in particolare, la valutazione non deve essere limitata al momento dell’omicidio e ai tempi immediatamente successivi. Essa richiede, da parte degli operatori, una preparazione e un’esperien- za adeguate, che tengano conto della specificità dell’elaborazione del lutto traumatico, determinato dalla morte della madre ad opera del padre e delle implicazioni anche in relazione al contesto familiare e sociale. Per la gestione di questi casi è indispensabile una formazione e competenze specifiche.
Nei casi di violenza assistita è necessario effettuare una precoce, prima valutazione dello stato di salute fisica e psicologica delle madri maltrattate.
Tale valutazione ha anche la finalità di individuare eventuali fattori di vulnerabilità della donna, per i quali sia necessaria l’implementazione delle attività e delle azioni utili per la gestione del rischio.
Affinché venga riconosciuto il livello oggettivo di danno e di rischio, di cui non sempre i protagonisti sono coscienti e in grado di riferire, nella valutazione è indispensabile tenere conto dei meccanismi di difesa presenti in tutti i membri della famiglia: negazione, minimizzazione, normalizzazione, razionalizzazione.
Nella valutazione della recuperabilità delle competenze genitoriali, ai fini di una corretta diagnosi, progno- si e trattamento, si devono tenere presenti i danni determinati dal maltrattamento protratto, sia sotto il profilo medico che psicologico, discriminando eventuali problematiche di base o relative alla strutturazio- ne della personalità dalla sintomatologia post-traumatica e dagli effetti della violenza.
Esiste infatti il rischio che l’esito sia una valutazione “fotografica” che metta a fuoco prevalentemente le inadeguatezze, senza ricondurle al danno da maltrattamento.
È necessario attuare programmi di valutazione dei maltrattanti, compresa la valutazione della pericolosi- tà-letalità, del rischio di recidiva e della recuperabilità delle competenze genitoriali, senza mai prescindere dalla capacità di assunzione di responsabilità e di riconoscimento del danno inflitto.
C.1 RACCOMANDAZIONI
- Gli operatori devono avvalersi di strumenti evidence-based per la valutazione del trauma da violenza assistita e del trauma specifico dei bambini che hanno assistito all’omicidio delle proprie madri.
- Gli operatori devono avvalersi di strumenti evidence-based per la valutazione della pericolosità e del rischio di recidiva.
- È necessario integrare le informazioni raccolte dagli operatori dei diversi servizi, al fine di evitare va- lutazioni frammentate.
- Nella fase di valutazione gli operatori devono essere in grado di riconoscere i propri meccanismi di difesa, che potrebbero indurre a minimizzare o normalizzare la lettura della violenza di genere.
D. TRATTAMENTO
È un percorso inserito nella cornice protettiva e valutativa sopra descritta, che ne costituisce non tanto la premessa quanto il primo passo indispensabile, anche al fine di verificare le possibili evoluzioni e le risorse che possono attivarsi.
Assistere alla violenza del padre nei confronti della madre non solo crea confusione nel mondo interiore dei bambini su ciò che è affetto, intimità, violenza, ma va anche a minare il cuore delle relazioni primarie e quindi lo sviluppo di un attaccamento sicuro.
I bambini vittime di violenza assistita necessitano di tempestivi interventi riparativi mirati/specialistici a livello individuale e della relazione madre-bambino, che saranno autorizzati dall’Autorità Giudiziaria nei casi il padre che ha agito violenza negherà il consenso necessario ad attivarli, così come previsto dalla legislazione vigente.
Il trattamento dei bambini vittime di VA. deve avere caratteristiche di specificità adeguate agli effetti deri- vanti da questo tipo di trauma, nelle sue diverse declinazioni.
Nello stesso tempo è di fondamentale importanza la cura degli esiti post traumatici nella madre, al fine della riparazione della relazione madre-bambino.
Il miglioramento della genitorialità del genitore autore di violenza è subordinato al suo progresso nell’af- frontare la violenza da lui agita contro la partner. Ciò significa che egli riconosca la violenza e la propria responsabilità nell’agirla, nonché comprenda le conseguenze che essa ha avuto e può avere, anche nel futuro, sui figli.
Si lavorerà sulla riparazione della relazione padre- figlio, solo dopo la valutazione diagnostica e prognostica di entrambi e della loro relazione, tenendo conto, per quello che riguarda i tempi di attuazione, delle fasi del trattamento individuale (sia del/della bambino/a che del genitore), affinché il lavoro con la diade non sia causa di ulteriori danni per la/il figlia/o.
D.1 ORFANI SPECIALI
Nel caso degli “orfani speciali” lo stato traumatico e le conseguenze psicopatologiche che ne possono deri- vare sono particolarmente complessi. I bambini/adolescenti hanno perso entrambi i riferimenti genitoriali e spesso hanno assistito direttamente all’omicidio della madre o ne hanno visto il cadavere. Il trattamento deve assumere caratteristiche tali da rispondere alle necessità particolari del minore e deve comprendere i nuovi caregiver, a cui i bambini vengono affidati.
È importante che il minore venga accompagnato dal terapeuta con continuità, e non solo nelle fasi iniziali, sia nell’elaborazione del trauma che nelle varie tappe, coordinando gli interventi con gli altri operatori.
D.2 RACCOMANDAZIONI
Nelle situazioni di violenza assistita, così come deve essere esclusa la mediazione familiare, si devono escludere come tipo di trattamento sia la terapia di coppia che la terapia familiare
- La terapia di coppia e la terapia familiare possono essere prese in considerazione solo su esplicita richiesta delle vittime, valutando se il loro stato psico-fisico ne permetta una fruizione utile per loro.
- Tali interventi (terapia di coppia, terapia familiare) sono subordinati comunque a percorsi trattamentali individuali del padre/partner violento, che abbiano dato risultati positivi rispetto al riconoscimento delle responsabilità personali e dei danni causati alla madre e ai bambini, nonché rispetto alla gestione delle emozioni e al controllo degli impulsi.
E. PREVENZIONE, SENSIBILIZZAZIONE E FORMAZIONE
Come per le altre forme di maltrattamento sulle/sui bambine/i e adolescenti appare prioritaria l’attivazio- ne di programmi di prevenzione, coordinando in maniera integrata le azioni di prevenzione per donne e bambine/i coinvolti nella violenza domestica.
È necessario promuovere attività con i/le bambini/e, adolescenti e adulte/i in tema di educazione all’affet- tività, alla risoluzione pacifica dei conflitti, al rispetto delle differenze e alla parità di genere e a ruoli non stereotipati.
Sono inoltre necessari programmi di formazione degli operatori di area medica e paramedica, psicolo- gica, sociale, educativa e giuridica rispetto al problema della violenza domestica e assistita, affinché si diffonda l’uso di strumenti d’intervento specifici e adeguati.
E.1. PROGRAMMI DI SENSIBILIZZAZIONE
Vanno adottati programmi di sensibilizzazione per contrastare:
- la frequente qualificazione delle situazioni di violenza di genere come “conflittualità familiare”, che induce a sottostimare il fenomeno della violenza assistita e non rende oggettive le evidenze, anche al fine di richiamare le istituzioni ad un maggiore e adeguato impegno nella programmazione dei servizi e nelle politiche di prevenzione e contrasto.
- il mancato riconoscimento della violenza assistita quale forma di maltrattamento sui figli e dei danni che su di essi produce
- la sottovalutazione della diffusione di atti violenti a danno di donne e minorenni all’interno della famiglia;
- la sottovalutazione della pericolosità delle situazioni nei termini di incolumità fisica o pericolo di vita e sottovalutazione del rischio di escalation rispetto alla gravità degli atti violenti;
- l’assenza di riconoscimento dell’inadeguatezza genitoriale paterna nei casi di violenza
- la scarsa conoscenza del fenomeno, degli indicatori di violenza domestica e delle altre forme di mal- trattamento spesso correlate, degli indicatori di letalità e delle corrette metodiche di rilevazione.
- i meccanismi di negazione, minimizzazione, razionalizzazione, stigmatizzazione verso la violenza in- trafamiliare, presenti a livello socio-culturale
E.2 PROGRAMMI DI FORMAZIONE SPECIFICA DEGLI OPERATORI SU
- riconoscimento corretto delle situazioni di violenza di genere per non confonderle con la ”conflittua- lità familiare”e per evitare scelte operative
- la violenza domestica come fattore di rischio di maltrattamento fisico, abuso sessuale, trascuratezza sui figli;
- conoscenza degli effetti traumatici trasformativi della violenza cronica nelle vittime e del danno alla genitorialità nelle madri
- la gestione specifica dei casi di feminicidio, per intervenire in maniera adeguata sugli orfani speciali
- conoscenza delle caratteristiche relazionali e genitoriali degli aggressori domestici e delle loro diverse tipologie
- gli interventi da attuare ai fini delle corrette metodiche di rilevazione, protezione, valutazione e
- le conseguenze che possono derivare da interventi scorretti e non coordinati, anche dal punto di vista temporale.
- interventi complessi, coordinati fra le diverse agenzie del territorio (Tribunali, Forze dell’ordine, Servizi sociali e sanitari, Centri Antiviolenza, Centri di Tutela minori, Settore educativo), conseguenti ad una formazione interdisciplinare congiunta sulla specificità degli interventi che riguardano questa
NOTE
- Convenzione di Istanbul – Preambolo:
Riconoscendo che il raggiungimento dell’uguaglianza di genere de jure e de facto è un elemento chiave per prevenire la violenza contro le donne;
Riconoscendo che la violenza contro le donne è una manifestazione dei rapporti di forza storicamente diseguali tra i sessi, che hanno portato alla dominazione sulle donne e alla discriminazione nei loro confronti da parte degli uomini e impedito la loro piena emancipazione;
Riconoscendo la natura strutturale della violenza contro le donne, in quanto basata sul genere, e riconoscendo al- tresì che la violenza contro le donne è uno dei meccanismi sociali cruciali per mezzo dei quali le donne sono costrette in una posizione subordinata rispetto agli uomini;
[…]
Riconoscendo che i bambini sono vittime di violenza domestica anche in quanto testimoni di violenze all’interno della famiglia.
- Convenzione di Istanbul – Articolo 3
L’espressione “violenza nei confronti delle donne” intende designare una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che nella vita privata. L’espressione “violenza domestica” designa tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo famigliare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendente- mente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima.
- Convenzione di Istanbul – Articolo 26 – Protezione e supporto ai bambini testimoni di violenza
- Le Parti adottano le misure legislative e di ogni altro tipo necessarie per garantire che siano debitamente presi in considerazione, nell’ambito dei servizi di protezione e di supporto alle vittime, i diritti e i bisogni dei bambini testimoni di ogni forma di violenza rientrante nel campo di applicazione della presente Convenzione.
- Le misure adottate conformemente al presente articolo comprendono le consulenze psico-sociali adattate all’età dei bambini testimoni di ogni forma di violenza rientrante nel campo di applicazione della presente Convenzione e tengono debitamente conto dell’interesse superiore del minore
- C. Baldry, “Linee guida per gli Special Orfhans” ( 2016)
- Convenzione di Istanbul – Articolo 31 – Custodia dei figli, diritti di visita e sicurezza
- Le Parti adottano misure legislative o di altro tipo necessarie per garantire che, al momento di determinare i diritti di custodia e di visita dei figli, siano presi in considerazione gli episodi di violenza che rientrano nel campo di appli- cazione della presente Convenzione.
- Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per garantire che l’esercizio dei diritti di visita o di custodia dei figli non comprometta i diritti e la sicurezza della vittima o dei
- Convenzione di Istanbul – Articolo 45 – Sanzioni e misure repressive
- Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per garantire che i reati stabiliti conformemente alla presente Convenzione siano punibili con sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive, che tengano conto della loro gravità. Tali sanzioni includono, se del caso, pene privative della libertà e che possono comportare l’estradizione.
2 . Le Parti possono adottare altre misure nei confronti degli autori dei reati, quali: – il monitoraggio, o la sorveglianza della persona condannata; – la privazione della potestà genitoriale, se l’interesse superiore del bambino, che può comprendere la sicurezza della vittima, non può essere garantito in nessun altro modo.
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