Le indispensabili misure di contenimento adottate dal Governo italiano per contrastare il diffondersi della pandemia da Covid 19, in particolare la limitazione degli spostamenti di adulti e bambini dalle proprie abitazioni a partire dal 10 marzo 2020, potrebbero avere importanti ricadute a breve, medio e lungo termine sulla sicurezza e sul benessere generale di bambini e adolescenti. Questi, infatti, sebbene finora fortunatamente più incolumi al nuovo coronavirus, nel giro di poco tempo hanno comunque visto sconvolta la loro quotidianeità, prima con la chiusura di asili, scuole, palestre, attività ricreative e successivamente con la progressiva limitazione, fino al totale divieto, degli spostamenti propri e delle proprie famiglie.
L’isolamento, la convivenza forzata, l’instabilità socioeconomica, già di per sé riconosciuti fattori di rischio di maltrattamento e abuso nei confronti di donne e bambini all’interno delle mura domestiche, in questo periodo di emergenza sanitaria potrebbero essere responsabili di una maggiore esposizione al rischio di violenza, sia nel senso di un aumento degli episodi che nel senso di un inasprimento degli stessi, come dimostrato anche dalla recente ed analoga esperienza cinese che ha fatto registrare un’impennata di denunce per violenza domestica contro donne e ragazze, quindi con una sorta di evidente connotazione di genere.
Indipendentemente dal genere, in questa situazione di protratta coercizione in casa, tutti i bambini e gli adolescenti, oltre ad essere potenziali vittime di violenza assistita perpetrata in danno della madre, presentano un rischio maggiore di subire anch’essi violenza diretta da parte dei loro stessi genitori: infatti, lo stress vissuto da questi ultimi nell’attuale contesto emergenziale potrebbe avere imprevedibili ripercussioni sulle loro relazioni con i figli, da forme di trascuratezza a forme di abuso fisico e/o emozionale.
Ansia, improvvisa diversa organizzazione della giornata, spazi di convivenza ristretta, perdita del lavoro, difficoltà economiche, lutti, disturbo da stress post-traumatico (PTSD), presenza prolungata in famiglia di minori con disabilità, ridotto sostegno sociale, potrebbero far esplodere situazioni già a rischio o crearne altre nuove, con danni irreparabili e cicatrici indelebili sulla pelle dei bambini, anche una volta che la più stretta emergenza sia passata.
L’ isolamento domiciliare della intera famiglia o, in alternativa, il ricovero dei soli genitori in seguito all’infezione da Coronavirus con conseguente solitudine domiciliare dei figli, sono altrettante situazioni possibili con prevedibili conseguenze deleterie sui minori.
Senza dimenticare che condizioni pre-esistenti di maggiore fragilità socioeconomica potrebbero ulteriormente precipitare nelle attuali circostanze, con il rischio di assoggettamento dei minori alla criminalità organizzata.
D’altra parte, il “distanziamento sociale” rende più difficile il compito del pediatra di libera scelta anche nell’intercettare eventuali nuove situazioni di rischio emerse nel corso dell’emergenza o solo slatentizzate dalla stessa.
Pertanto, nonostante tutte le oggettive difficoltà e senza sminuire le assolute priorità, combattere il Covid 19 per il pediatra di famiglia significa anche tenere comunque alto il livello di guardia nei confronti di tutte le possibili forme di maltrattamento e abuso, diretto ed indiretto, inclusa la violenza assistita, che bambini ed adolescenti potrebbero subire sia all’interno delle mura domestiche che nell’ambito del più ampio tessuto sociale “sdrucito” da questa terribile emergenza sanitaria.
Il pediatra di famiglia, inoltre, deve continuare a farsi promotore di misure di protezione e sostegno dei minori che stanno vivendo questa “emergenza nella emergenza”, con una particolare attenzione a chi vive già quotidianamente condizioni familiari sfavorevoli e/o situazioni di maggiore fragilità economica e sociale, ma con altrettanta premura per chi dovesse trovarsi, suo malgrado ed inaspettatamente, a farne nuova esperienza a causa della situazione contingente.
A cura di Anna Latino, gruppo di studio Abuso e Maltrattamento all’infanzia