A cura di Giovanni Lenzi, Gruppo di studio Audiologia FIMP
Lo screening uditivo neonatale già ampiamente utilizzato in tutto il mondo potrebbe servire per indicare i bambini a elevato rischio di autismo. Una risposta lenta agli stimoli sonori potrebbe, infatti, indicare che il bambino ha maggiori probabilità di sviluppare il disturbo del neurosviluppo.
La presentazione delle Schede per il Riconoscimento precoce dei Disturbi del Neurosviluppo abbinate ai Bilanci di Salute fatta al Congresso Nazionale Scientifico della FIMP 2020 offre al pediatra di famiglia la possibilità di realizzare una valutazione di processo del neurosviluppo del bambino così da intercettare i primi segni di allarme di un disturbo e quindi poter inviare a valutazione specialistica quel bambino.
Sono tanti gli schemi, le chat, i questionari, i punteggi, le scale con cui il pdf si deve confrontare fino dai primi anni della specializzazione.
Ma ogni nuovo tentativo di schematizzare con un punteggio critico ogni situazione che riguarda il neurosviluppo ha aperto altri campi di ricerca; osservazioni che portavano a considerare nuovi items. Si e’ capito pian piano che il mondo dei disturbi motori era spesso legato al psicomotorio e viceversa e che cio’ poteva interferire sull’apprendimento futuro e sulle capacita’ comunicative e verbali. Queste a loro volta potevano dipendere da un deficit neurosensoriale uditivo o visivo.
Per questo motivo, assieme ai neuropsichiatri infantili, la FIMP ha contribuito a realizzare l’ormai noto progetto coordinato dall’ISS che supera di fatto una visione del neurosviluppo del bambino suddiviso per categorie (sia di ambito che di tempo) per realizzare un più ragionevole approccio di tipo dimensionale che valorizzi piuttosto l’osservazione longitudinale nel tempo.
L’odierna “Connettomica“ rappresenta oggi lo sforzo scientifico di ottenere una mappa e comprendere l’organizzazione delle interazioni neurali dentro un cervello umano.
Tutto interagisce con tutto. Esiste una connessione tra i tests di ogni ordine e grado che si utilizzano per l’audiologia e i tests dell’autismo, dei disturbi della comunicazione e del linguaggio e del rapporto tra ipoacusia, monoacusia e disturbi specifici dell’apprendimento (DSA), fino ai disturbi dello spettro autistico.
Non e’ quindi fantasioso che alterazioni iniziali dell’udito possano rappresentare un markers per lo sviluppo di autismo.
Non per niente anche oggi spesso si assiste a casi di “autismo“ seguiti nelle neuropsichiatrie infantili che avevano prima di tutto un deficit misconosciuto dell’udito.
La novità di questo articolo è che un test dell’udito alla nascita potrebbe aiutare a individuare i bambini a elevato rischio di autismo. È quanto suggeriscono i ricercatori della University of Miami e dell’Harvard Medical School che hanno trovato un’associazione consistente tra i risultati dello screening uditivo neonatale e le probabilità di sviluppare il disturbo del neurosviluppo. Un deficit dell’udito è fortemente associato a un maggior rischio di autismo.
Il legame tra alterazioni dell’udito e autismo non è inaspettato. Le anomalie uditive rientrano nel quadro clinico dell’autismo e vengono diagnosticate in quasi tutti i bambini che soffrono del disturbo dello spettro autistico.
La novità è che queste anomalie potrebbero essere presenti e riconoscibili già alla nascita.
I ricercatori hanno analizzato gli esiti dei test uditivi condotti di routine su 140mila neonati e li hanno poi confrontati con i dati dei registri pediatrici, scoprendo che i bambini con una diagnosi di autismo avevano mostrato delle anomalie della capacità uditiva alla nascita. Più precisamente, gli scienziati hanno osservato che tutti i 321 bambini con autismo avevano un ritardo nella risposta agli stimoli sonori appena nati.
Per valutare la capacità uditiva dei neonati si ricorre all’esame dei potenziali evocati uditivi (Auditory Brainstem Response, ABR) che consiste nel registrare l’attività del nervo uditivo in risposta ai suoni trasmessi attraverso elettrodi posizionati sulla testa. È un esame che non richiede la partecipazione attiva dell’esaminato ed è quindi ideale nei bambini piccoli e nei neonati in particolar modo.
Ebbene, nella valutazione audiologica dei bambini che avevano ricevuto una diagnosi di autismo si osservava un difetto ricorrente: una risposta più lenta agli stimoli sonori soprattutto nell’orecchio destro.
«I bambini con disturbo dello spettro autistico (ASD) hanno risposte cerebrali lente ai suoni. Abbiamo esaminato queste risposte cerebrali nei test dell’udito dei neonati e abbiamo scoperto che i neonati a cui successivamente era stato diagnosticato l’autismo avevano risposte cerebrali più lente ai suoni. Studi futuri potrebbero utilizzare questi risultati per prevedere meglio il rischio di autismo, con un test dell’udito che è già utilizzato su milioni di neonati in tutto il mondo», scrivono i ricercatori.
I risultati dello studio, pubblicati sulla rivista Autism Research, potrebbero aiutare a individuare i bambini a elevato rischio di sviluppare l’autismo con largo anticipo rispetto alla diagnosi definitiva, che avviene intorno ai 3-4 anni, ma anche rispetto ai primi segnali sospetti che vengono colti generalmente intorno ai 18 mesi.
«Non stiamo ancora suggerendo ai medici di utilizzare i test ABR come diagnosi per l’autismo nei bambini», specificano i ricercatori che però sottolineano la capacità del test ABR di segnalare i casi a elevato rischio.
Il che potrebbe essere utile per pianificare interventi precoci e mirati.
«L’importanza di diagnosticare l’autismo precocemente durante lo sviluppo del neonato e del bambino, quando gli interventi possono avere il maggiore impatto, è assodata. Qualsiasi strumento aggiuntivo in grado di fornire indizi diagnostici sarebbe inestimabile», ha dichiarato Oren Miron, dell’Harvard Medical School, autore principale dello studio.
Gli scienziati sono inoltre convinti di poter sfruttare le potenzialità dei test uditivi neonatali anche per riconoscere altri disturbi dello sviluppo come i deficit del linguaggio.
L’articolo in inglese e’ consultabile tramite il link: