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MALATTIA DI DUCHENNE: CAMBIO DI PARADIGMA DALLA TERAPIA FARMACO ALLA TERAPIA PRESA IN CARICO

Duchenne

Cambio di paradigma: dalla terapia farmaco

alla terapia presa in carico

l mio interesse per le malattie rare ha avuto inizio quasi venti anni fa, quando scoprii che mia figlia era affetta da Osteogenesi Imperfetta. Era estate, giocavamo in riva al mare. Poi una corsa sul bagnasciuga, una scivolata e… crac. Frattura del femore.

Non mi dilungo sulle peripezie per scoprire la rara patologia, sta di fatto che da allora mi si aprì un mondo. Fatto di ombre e di luci, di storie dure e tristi, ma anche di persone straordinarie. Malati e medici, uniti spesso in una battaglia comune contro un mostro particolare.

Ho fatto mio da tempo uno slogan che è anche una missione: non esi- stono le malattie rare, esistono le malattie. Perché non ci sono pazienti di serie A e di serie B, perché rarità nel mondo quotidiano non ha un’ac- cezione negativa come nel campo sanitario. Il malato raro non è sfigato né tantomeno trasparente. Tutti meritano la stessa attenzione, le stesse possibilità di cure, identica accessibilità alle terapie.

Non ci sono graduatorie da fare tra le patologie, ma parlando della Di- strofia Muscolare di Duchenne (DMD) entriamo in quel mondo tutto particolare delle malattie neuromuscolari rare. I numeri fanno riflettere, come mi ha fatto notare l’amico Mattia Doria della Federazione Italiana Medici Pediatri: questa, infatti, è una patologia genetica degenerativa che colpisce 1 su 5.000 neonati maschi. Si manifesta in età pediatrica e coinvolge gradualmente tutti i muscoli, conducendo a un grave livello di disabilità motoria e a un’aspettativa di vita ridotta. Esiste anche la Distrofia Muscolare di Becker (BMD) che ne rappresenta una variante più lieve, il cui decorso varia però da paziente a paziente. Entrambe sono accomunate da una sorta di condanna: non esiste una cura.

Nel mio libro SMA. Il racconto di una rivoluzione mi ero già addentrato in queste malattie dagli effetti particolarmente devastanti soprattutto per la qualità della vita. E ne ero finito totalmente coinvolto. Avevo infatti scoperto che i genitori dei bambini affetti da SMA chiedevano sì una cura per i loro figli, ma principalmente volevano solo vederli stare bene e che non soffrissero sempre. E anche se erano destinati a una vita breve e spesso dolorosa, auspicavano una terapia che regalasse loro una vita più decorosa. Anche per la Duchenne i primi sintomi si manifestano generalmente in

età pediatrica, nei primi due o tre anni di vita. Il bambino ha sempre più difficoltà a camminare, sta sulle punte, dondola, se cade è dura rial- zarsi, le scale sono un’impresa da Guinness dei primati. Insomma, una vita differente da quella degli altri. Si vede, lui lo vede e lo sente. Alla fine, l’abbraccio con la carrozzina elettrica diventa l’unica soluzione. La compagna di vita. Una vita fatta anche di respirazione assistita, diurna e anche notturna. Per non parlare delle conseguenze cardiache.

In questo contesto è ovvio che non si può stare fermi in attesa del farma- co rivoluzionario, come in fondo è stato per la SMA. Occorre fare qual- cosa, come anche l’esperienza della pandemia di Covid-19 ci ha insegna- to: fare una diagnosi quanto più precoce possibile e prendere in carico il paziente dall’inizio. È questo il vero cambiamento. Il progetto PETER PaN e l’esperienza delle NRDES fanno parte di questo nuovo corso, con il ruolo attivo della Federazione Italiana Medici Pediatri. Formazione ma anche interazione, terapia ma anche partecipazione: i ruoli di medico e paziente sono mutati nel tempo, un malato informato e cosciente della propria malattia è più forte nella sua quotidiana battaglia. E se la guari- gione a volte è solo un miraggio, è la qualità della vita a fare la differenza. Non è cosa da poco, vi assicuro.

A cura di Claudio Barnini

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